Da Roccadaspide passai a Felitto, sempre costeggiando il versante
orientale delle montagne di Magliano vetere e di Monteforte Cilento.
La via traversa la deliziosa valletta del Sacco tutta coperta di
querce in alto e di ulivi in basso, e rasenta il paesino di Castel San
Lorenzo nella sua parte più bassa. Poi scende fino al ponte sul
Calore, presso Felitto. Bisogna traversarla per ammirare la superba
vegetazione a piè di quelle montagne! Le querce colossali che
fiancheggiano il fiume si chiudono in alto formando colle loro chiome
un ponte di perenne verdura, ed una flora spontanea bellissima riveste
tutte quelle balze, note soltanto ai cacciatori, e rallegrate dal
canto degli usignuoli.
Valicato il ponte, si ascende a Felitto. La salita è breve ma è
ripidissima. Il paese da questo lato è cinto di mura e la porta
d'ingresso è coronata di merli e munita di piombatoj e di feritoje,
secondo il costume di due secoli addietro. Felitto ha circa 2000
abitanti. Sorge sopra una rupe isolata che a tramontana si adima
dolcemente fino al vallone Conca, mentre a libeccio vien giù a
precipizio sul Calore. Quivi s'incontra una di quelle spaccature che
abbiamo descritto in altro capitolo. Sembra che il Monte Felitto si
sia rotto alla base per dar passaggio al fiume, e sulla parte
distaccata sorge il paese summentovato.
Le vie interne sono in generale strette e in pendio, tagliate nel
calcare compatto durissimo, che col tempo e coll'acqua si è lisciato
in modo che vi si sdrucciola maledettamente. Non trovai quel profumo
di igiene che distingue i paesi più civili; i padri della patria
preferiscono qui le scaramuccie intestine al miglioramento del loro
nido natio. All'altro estremo del paese sorgono le vestigia
dell'antico palazzo baronale, già appartenente alla famiglia Caraffa
dei principi di S. Lorenzo che n'ebbero il possesso fino ai primi di
questo secolo. Esiste ancora una torre cilindrica da un lato ed una
quadra dall'altro, e la parte posteriore del castello vien giù a picco
sul burrone del Calore. In Felitto fui accolto in casa dei Signori
Migliaccio, i quali mi furono cortesissimi e mi prodigarono nel breve
tempo che mi vi trattenni delle cure affettuose delle quali serberò
perenne ricordo.
Le campagne intorno al paese sono fertilissime, ma coltivate
mediocremente. La poplazione è formata per due terzi di contadini
docili, pazienti e indefessi lavoratori; se fossero ben diretti, la
loro opera sarebbe immensamente produttiva. Vegetano benissimo la vite
e l'ulivo sulle colline, e la pastorizia è molto estesa. Vi notai
delle belle razze di ovini e bovini, del tipo Cilentano, e riguardo ai
suini predomina la razza a pelo cortoche troveremo sviluppatissima nel
Cilento.
Felitto è un paese destinato ad un migliore avvenire. Ha di fatti
una grande potenza motrice immagazzinata ne fiume Calore, ma non è
adoperata che per muovere pochi mulini. La vegetazione boschiva
lussureggia sui monti e bisognerebbe rispettarla per impedire le frane
che si producono immediatamente dopo il disboscamento e il denudamento
della roccia. Le sue acque potabili sono in generale un po' salmastre
pel predominio dei sali di calce; la migliore è quella della fontana
di S. Ciriaco, in contrada Casale, ma è più lontana di quella della
Difesa Lombi, inferiore alla precedente per bontà igienica, ma della
quale si giova tutta la popolazione.
Non trovai nulla di monumentale in Felitto, e la stessa chiesa
parrocchiale è un edifizio barocco del secolo scorso e minaccia
rovina. Il paese però è molto antico. Sotto Carlo I d'Angiò
(1266-1283) fu venduto col casale di Lucolo oggi distrutto, ad Adamo
Mourier. Nel 1484 era feudo di Giovanni Francesco Sanseverino, con
Albanella Rossigno e Camporo. E forse a questo tempo risalgono le
vestigia del suo vecchio castello. La mattina del 10 maggio lasciai
Felitto per recarmi a Laurino. La via provinciale era ancora in
costruzione e sarà aperta chissà quando. Accompagnato da due guardie
forestali volli batter un sentiero attraverso al Monte Salandro, e
così potei godere il bel panorama della Gola di Tramonti chiusa da tre
monti altissimi con pareti quasi a picco. In fondo al burrone rugge il
Calore, che qui può assomigliarsi all'Aufidus longe sonans descritto
dal Venosino. E' uno spettacolo veramente pittoresco. Le spalle dei
monti, dove la pendenza è minore, sono coperte di elci; nel resto
nude, scoscese, biancastre e striate di rosso dai torrenti.
Cosimo De Giorgi, Viaggio nel Cilento, Casalvelino Scalo, Galzerano Editore, 1995. pp. 78 - 80.